L'arte dell'outfit | Mostre, visite nei musei, città d'arte: l'arte di non rovinare la scena.

L'arte dell'outfit | Mostre, visite nei musei, città d'arte: l'arte di non rovinare la scena.

Mostre, visite nei musei, città d'arte: l'arte di non rovinare la scena.

di Nicola Santini- esperto di etichetta e autore di NON LO FACCIO PIU’

Con la primavera inoltrata sono ricominciate le visite nelle città d'arte e con esse le passerelle degli outfit più sbagliati, improbabili - oserei dire inammissibili - dinanzi allo sforzo creativo di coloro che hanno fatto la storia del nostro Paese, celebrando il bello, dipingendo, progettando, scolpendo e fotografando. Questo post è un po' il risultato dei messaggi che mi arrivano da parte vostra spesso corredati da attachment che gridano SOS e che dall'altra parte chiedono consigli per non essere inadeguati. Esiste il bon ton delle mostre o delle gite culturali? C'è un modo per risultare adatti al contesto, mettendo in conto una giornata che preveda una trasferta in treno o in automobile, tante ore in piedi o camminando coniugando comodità ed eleganza? La risposta è sì. Esiste ed è una risposta, non una notizia. Colgo l'occasione di questo post non solo per rispondere all'allarme di voi amici e amiche che mi leggete ma anche per segnalarvi la mostra “WOMEN: UN MONDO IN CAMBIAMENTO”, la mostra fotografica di National Geographic in programma nei cinque Village Land of Fashion. Da non perdere, assolutamente!

Andare a vedere una mostra fotografica di pittura, scultura, o anche semplicemente andare a visitare una location d'arte o affacciarsi in una galleria privata, richiede qualche regola che solo apparentemente può sembrare un dovere in più da rispettare, ma che, se applicata, si renderà parte integrante, elegante, e perché no divertente dell'esperienza, sia essa programmata o casuale.

Troppo spesso ci lasciamo sedurre dall'equazione per niente azzeccata: vestirsi in modo sciatto=essere comodi.

Non esiste niente di più scomodo che essere o trovarsi fuori luogo in un contesto.

Passiamo ore a spogliare post di Instagram, dedichiamo impegno budget e tempo libero allo shopping, e poi finalmente quando abbiamo un weekend libero decidiamo di mettere insieme solo il peggio il nome della comodità.

Potrei fare un elenco infinito, ma nello scatolone delle cose che non vorrei mai vedere ad una mostra vanno in ordine:

  1. tute da ginnastica sbiadite e/o sgualcite dagli anni o peggio ancora uno dei due pezzi che la compongono abbinato ad altro;
  2. marsupi;
  3. borse talmente over da contenere un trasloco;
  4. scarpe usate per la ginnastica (ho visto anche quelle da trekking agli Uffizi);
  5. ombelichi a vista.

Ci tengo a fare una precisazione: la mia non è una condanna in valore assoluto agli outfit e gli accessori sopracitati. Quando c'è di mezzo il galateo è sempre una questione di contesto che dovrebbe farla da padrone.

Il ragionamento da fare quando ci sembra che l'unica opzione possibile per essere comodi sia andare a pescare a caso, che più a caso non si può, è quello di un buon giro di shopping mirato a cercare la giusta quadra tra comfort e contesto.

Il primo bivio salta all'occhio quando ci si reca all'inaugurazione di una mostra che è diverso da quando si va a vedere una mostra come tappa di una giornata più articolata.

Nel primo caso si seguono le regole dell'evento: si terrà conto dell'orario, del tema, e di ciò che viene annesso alla mostra (Cocktail? Cena? Drink e via?).

Nel secondo quelle del semplice buon senso. Partiamo dal presupposto che in genere quando andiamo a visitare una mostra o ci poniamo davanti a un'opera d'arte non siamo da soli. Siamo noi e quello (e quelli) che sono di contorno. Diventiamo così parte dello scenario. Delle foto, delle stories, delle condivisioni e, diciamolo, anche dei commenti. Siamo parte dell'esperienza e questo ci mette di fronte a una responsabilità, almeno in termini di buon gusto.

Senza voler venir meno alla comodità che possa farci compagnia al pari della bellezza delle opere, ci sono una serie di outfit che possono venire incontro a questo bisogno senza andare in scontro con lo scenario per cui tante volte si paga anche il biglietto.

Un comodo pantalone in cotone anche over size, con una scarpa sportiva ma non direttamente rubata dall'armadietto della palestra, con un golf micro o macro purché svolga egregiamente il proprio dovere nei colori più neutri possibile: lasciamo che siano le opere d'arte e le architetture protagoniste, facendo un passo indietro, se serve, a favore del savoir faire.

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Anche una giacca può diventare comoda se il tessuto non è rigido e il taglio troppo fit. Il mocassino, scarpa per eccellenza del weekend, ci farà camminare comodi in città così come tra un padiglione e l'altro di una mostra, ricordando che Andy Wahrol, abbinando il blazer blu alla camicia bianca e al pantalone in denim, con una scarpa classica creó la sua divisa per una vita intera, sfoggiabile a ogni ora del giorno e della notte.

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Se la vena è più artistica e ci facciamo sedurre dai trend di stagione, via libera alle gonne ampie e un po' gipsy, alle camicie per lei indossate fuori dai pantaloni, alla giacca in jeans con e senza ricami. E anche ai bijoux scultura. Purché indossati uno alla volta.

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Insomma, la lista dei no è breve e precisa ma non conosce sconti, quella dei sì, regala più margine ad una sobria ma creativa comodità. Se poi invece volete diventare tutt'uno con la cornice che vi attende, studiate bene le opere e i loro colori: prendete quello che appare senza dominare la scena, usatelo per un total look monocromatico che funziona sempre con tutte le taglie, quasi tutte le forme e tutte le età e rendetelo vostro. Un vecchio trucco da gallerista quando sceglie il tono del passepartout.

Ed è questo il ruolo del bon ton: aprire tutte le porte!

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